Perché sento l’esigenza di scrivere? Perché nel racconto c’è l’autore, il protagonista invisibile che si aggira nelle pagine della storia e, non visto e non udito, bisbiglia al lettore l’anima dei personaggi e i canoni della vicenda. Scrivere, è stato detto, è fra le più complesse elaborazioni dell’intelletto umano.

Per quel che mi riguarda, le sfaccettature, le contraddizioni e i colori si affacciano sulla punta della mia penna come da un sogno. La parte più difficile è poi tradurre rigo dopo rigo le sensazioni, gli odori, le immagini vissute nel sogno, dove le persone agiscono in contesti spesso paradossali rispetto alle regole del nostro mondo. Se solo potessi farvi vedere appena uno spiraglio dei mondi che creo quando sogno, sarebbe tutto più semplice, ma ahimè, non è ancora stato inventato... un chip neurale utile allo scopo. Tuttavia, alcune delle cose che sogno le ho poi concretizzate sulla carta. Mi capita di sognare, magari di svegliarmi nella notte e riprendere dal preciso punto nel quale mi ero interrotta. Il primo dei tre romanzi della Trilogia di Amber, “The Arcade”, nasce così, da un unico sogno, durato per tutta una notte. Al mattino era tutto così vivido che non mandai i miei figli a scuola per narrare loro la vicenda. Da lì, la collaborazione di mio figlio Flavio per il primo racconto. Gli altri due vennero poi di conseguenza.  

Ho iniziato questo percorso con gioia, poi ne ho appreso l’impegno crescente di fatica e di scoperta, al tempo stesso banco di prova di limiti e capacità, di orizzonti e dimensioni.